Il nome di una pittrice per promuovere i valori immortali artistici fondamentali per creare la comunicazione visiva
Quando pensiamo alle diverse forme di arte che si sono sviluppate nei secoli passati siamo abituati ad immaginare e a ragionare al “maschile”.
Le donne, infatti, non ricoprivano incarichi di prestigio se non in casi eccezionali. Si riteneva che per la realizzazione di opere pittoriche e soprattutto scultoree fosse necessaria una notevole forza fisica: è vero, data la struttura diversa dei due generi, ma non è tutto. Infatti la storia ci insegna che molte donne hanno avuto ruoli importanti non solo nell’arte.
Un articolo un po’ approfondito e dedicato ad un pittrice del cinquecento in un blog di grafica e di web marketing lo trovi perché il nome commerciale che ho voluto dare al mio lavoro sintetizza l’ammirazione che ho provato per questa donna da quando ho cominciato a studiare arte.
La mia formazione artistica in pittura e decorazione maturata all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano mi ha convinta dell’efficacia e della forza delle immagini nella comunicazione.
La comunicazione è tanto più importante, o meglio, efficace ed efficiente, se e quando, raggiunge il suo scopo. Il messaggio deve arrivare all’interlocutore. Ed è molto più veloce se i contenuti non sono solo testi scritti ma forme e colori che colpiscono l’occhio e l’aspetto emozionale.
La pittura è stata nei secoli il “mass-media” d’eccellenza. Il modo con cui chi doveva dire qualcosa lo faceva dipingere su un muro: la Chiesa, i Re, i Governanti, e poi la borghesia anche per lasciare ai posteri l’immagine della propria famiglia.
Nel tempo hanno anche avuto una grossa influenza le scoperte tecnologiche che hanno rivoluzionato il modo di operare. Dalla nascita delle industrie che hanno introdotto i colori nei tubetti, mentre prima c’era una schiera di apprendisti che li grattavano, impastavano e preparavano; alle tele già pronte per la pittura e già montate sui telai. Alla litografia che ha dato origine alla comunicazione moderna, come la intendiamo oggi!
E non da ultimo il computer!!!
E questa ultima innovazione, in ordine cronologico, ha creato un nuovo modo di applicare il talento artistico. Alla base rimane la conoscenza dei segreti del colore che si esprimono in CMYK e in RGB ma le relazioni e i rapporti tra loro non cambiano. Così come l’impaginazione o meglio la composizione all’interno di uno spazio.
Perché solo pochi addetti ai lavori conoscono i cosiddetti artisti minori e anche di meno se sono donne. Inoltre si studia sempre di meno la storia dell’arte.
Dovendo scegliere un nome commerciale ad una attività che affonda le radici nel campo artistico perché non una donna? Una donna così piena di talento tanto da essere contatta e ammirata anche dai due Michelangelo: Michelangelo Buonarroti e Michelangelo Merisi (Caravaggio). Io voglio pensare di farla vivere ancora oggi. Chissà cosa ci avrebbe regalato in un mondo dove le donne hanno grandi possibilità per potersi esprimere.
Il lavoro che mi sono sempre prefissata di fare con Sofonisba, è di creare situazioni che partono dalla persona per le persone indagando nei dettagli. Un brand dedicato alla creatività al femminile con radici nell’esperienza delle tecniche pittoriche, nella teoria del colore e nella composizione.
Sofonisba ha dato vita ad un nuova ritrattistica dove oltre all’immagine perfettamente realizzata aggiungeva minuziosi dettagli al fine di creare nell’immagine la storia della persona. Ha studiato anche le espressioni del volto, la fisiognomica.
Sofonisba Anguissola è considerata dagli storici dell’arte tra le più autorevoli esponenti della pittura in Europa oltre che un’importante rappresentante della pittura italiana al femminile.
Nata a Cremona nel 1535 da una nobile famiglia piacentina ebbe la fortuna, insieme alle sorelle, di trovare nel padre un tale amore per l’arte che gli fece superare i pregiudizi dell’epoca. Permise alle figlie di studiare letteratura, pittura e musica. Inoltre grazie alla sua posizione, riuscì a promuovere la figlia Sofonisba. Il suo talento era emerso rispetto alle sorelle, facendola partecipare come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane.
Fu citata da Michelangelo Buonarroti e Giorgio Vasari per i suoi ritratti “Tanto ben fatti che pare che spirino e siano vivissimi” Vasari 1566. Fra le opere che il padre inviò a Michelangelo vi era anche il dipinto “Fanciullo morso da un granchio” realizzato da Sofonisba poco più che ventenne.
Caravaggio, nei suoi primi anni romani, riprenderà direttamente l’invenzione della pittrice lombarda dipingendo “Ragazzo morso da un ramarro”. Cosa rende tanto incredibilmente pregnante tale intuizione? L’artista aveva colto e fermato l’espressione del dolore infantile. Ha colto l’istante, unico e irripetibile, in cui un lancinante dolore fisico si trasmette sul viso.
In questo lavoro si intuisce la matrice figurativa che porterà all’Espressionismo.
L’elemento che colpisce ancora oggi di questa artista è dato dalla capacità ritrattistica, dall’intensità degli sguardi, dall’espressione emotiva dei visi con la peculiarità di ritrovare nel ritratto non solo l’immagine della persona ma di racchiuderne anche la sua storia. La capacità di individuare ed aggiungere elementi con minuzia descrittiva aiutano a ricomporre la personalità del soggetto raffigurato.
Nel 1559 Sofonisba fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte della sua protettrice, la regina Elisabetta nel 1568. Nel 1578 sposò Fabrizio Moncada, nobile siciliano e si trasferì in Sicilia. Dopo cinque anni, con la morte del marito, si trasferì in Liguria. Lì sposò in seconde nozze nel 1579 Orazio Lomellini nobile genovese. Nel 1615 fece ritorno con il nuovo marito a Palermo. Continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista che le impedì di produrre nuove opere.
Ormai pittrice famosa tanto che il celebre Antoon van Dyck succedutole alla corte spagnola dichiarò tutta la sua ammirazione per la sua arte. La incontrò nel 1624 dove la ritrasse in un dipinto.
Sofonisba Anguissola morì il 16 novembre 1625. Fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio Genovesi dove ancora oggi si trova la sua lapide.