Perché fare fundraising e come farlo bene

Come organizzare una raccolta fondi

Se lavori in una onlus o in un’associazione, ti sarà capitato sicuramente di organizzare degli eventi di raccolta fondi. Fundraising, detto in modo figo. Perché fare fundraising? Perché le associazioni e le ong non vivono solamente di buone intenzioni: per realizzare i progetti servono competenze, organizzazione e fondi. Spesso organizzare un evento di fundraising è un’ottima possibilità per riuscire a finanziare un progetto o un’attività. Ma attenzione: se intendiamo “fundraising” solamente come donazione, abbiamo fallito il nostro obiettivo. Fare fundraising è ben diverso dal chiedere l’elemosina.

Ogni raccolta fondi dovrebbe essere intesa come un percorso per coinvolgere emotivamente i donatori nel progetto, renderli parte attiva e – possibilmente – trasformarli in testimonial. Questa è la cosa più difficile di tutti, ma anche quella che conferma il successo di un evento di fundraising: riuscire a coinvolgere talmente tanto il donatore da far sì che parli del progetto e dell’iniziativa in modo autonomo, promuovendolo in prima persona. Il passaggio immediatamente precedente, già molto importante da raggiungere, è far sì che il donatore partecipi di propria iniziativa a tutte le attività dell’associazione, senza doverlo andare a scovare e trascinarlo (metaforicamente) per i capelli. In altre parole, il successo di un’iniziativa di fundraising si misura non solo dall’entità dei fondi raccolti, ma anche e soprattutto dal coinvolgimento e dalla fidelizzazione dei donatori.

Come realizzare un’ottima campagna di fundraising

Il paragone è impopolare, lo so. Ma voglio correre il rischio, perché in tanti anni di lavoro con associazioni, fondazioni e onlus posso dire di conoscere bene questo mondo, con i suoi tantissimi pregi e i suoi diffusi difetti. Ebbene: sarebbe ora che anche le realtà non aziendali cominciassero a ragionare in modo più “aziendale”. In fondo, cosa differenzia un donatore da un cliente? Non sono entrambi animati da una necessità? Diversa, certo. Ma sia il donatore che il cliente, donando o acquistando, rispondono a una necessità, agiscono sull’impulso di un bisogno. Che è anche (o soprattutto?) emotivo. Puoi approfondire con questo libro di Paolo Regina e Gaetano Finocchiaro in che modo l’emotività agisca sul comportamento d’acquisto dei clienti. Prova ora a immaginare la stessa situazione nel caso di una donazione: non  avviene anch’essa sulla base di un impulso emotivo? Anzi: non è l’emotività il motore principale che spinge il donatore?

Ecco, se cominciamo a ragionare in questo modo, capiamo bene che coinvolgere i potenziali donatori nei progetti, senza farli sentire solamente dei “portafogli”, è assolutamente fondamentale.

Fundraising: coinvolgere i donatori nel progetto

Spesso, in associazioni e ong, l’importanza della professionalità è sottovalutata. Ma le buone intenzioni, la cronica mancanza di fondi e l’entusiasmo non possono giustificare l’approssimazione, la disorganizzazione e la mancanza di attenzione al donatore. Che ha diritto di conoscere dove va la propria donazione, di essere informato con trasparenza e tempestività, e di essere coinvolto in un percorso formativo e informativo che lo faccia sentire parte integrante di un progetto. Non bisogna mai dimenticare che il donatore è una parte fondamentale del progetto: è ciò che lo rende possibile, è la sua benzina. Solamente così si sentirà coinvolto e sposerà completamente la causa dell’associazione (la sua mission) anche oltre i termini della raccolta fondi.

Un donatore coinvolto è un donatore fidelizzato.

Quali sono i KPI per misurare il successo di una raccolta fondi?

La buona riuscita di un’iniziativa di fundraising si può misurare da vari indicatori (Key Performance Indicator – indicatore chiave di prestazione) oggettivi e numerici:

  • il raggiungimento dell’obiettivo finanziario necessario per far partire il progetto,
  • il numero di nominativi raccolti, che entreranno nel database dell’associazione e potranno essere ricontattati per nuove iniziative,
  • il numero di partecipanti all’evento o agli eventi di fundraising,
  • il numero e la qualità dei feedback sui social (recensioni, post, condivisioni di foto, video e informazioni relativi alla campagna),
  • il numero e la qualità dei feedback durante l’evento.

Certo, perché è buona abitudine offrire sempre la possibilità ai partecipanti agli eventi di dare immediatamente un feedback, consigli e suggerimenti per migliorare l’evento. Le cartoline di soddisfazione sono uno strumento fondamentale per “tastare il polso” dei partecipanti e soprattutto per avere nuove idee.

Come raggiungere gli obiettivi del fundraising

Nulla deve essere lasciato all’improvvisazione, nell’organizzazione di un evento di fundraising. Ogni elemento deve essere misurato e costruito per raggiungere un preciso obiettivo comunicativo.

Volantini e brochure di fundraising devono essere coordinati con gli eventuali gadget e con la comunicazione online. Il logo deve essere sempre visibile, per collegare immediatamente la comunicazione al brand. Tutto deve essere coordinato: a una cena di gala, hai mai visto una tavola con piatti e posate tutti di forme e colori diversi?

Se ci sono degli speaker, devono avere ben chiaro cosa dire e come farlo. Bisogna usare non solo le parole, ma anche il tono corretto per il tipo di associazione, di campagna e di evento che organizziamo. Ovviamente, alla cena di gala saranno necessarie cose che non lo sono alla vendita delle torte, e viceversa. Bisogna mettere le persone giuste al posto giusto: inutile costringere a fare lo speaker qualcuno che ha difficoltà a parlare in pubblico, se all’interno dell’associazione abbiamo un manager, un attore o un formatore che lo fanno per mestiere dalla mattina alla sera, no?

Ora chiedo a te: come valuti se un’iniziativa di fundraising ha avuto successo?

Quali sono i parametri che sei abituato a considerare?

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